Trieste la città dei venti by Veit Heinichen & Ami Scabar

Trieste la città dei venti by Veit Heinichen & Ami Scabar

autore:Veit Heinichen & Ami Scabar [Scabar, Veit Heinichen & Ami]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EmmeBooks
pubblicato: 2013-05-13T16:00:00+00:00


Il 24 agosto 1954 fu un giorno doloroso. In quella data infatti si svolse nel golfo di Trieste l'ultima mattanza dei tonni con la tradizionale tonnara. Quei pesci, di cui gli abitanti di alcuni villaggi nei dintorni avevano vissuto per secoli, allorché in grossi banchi si riversavano a depositare le uova sulle sponde dell'alto Adriatico, faticavano sempre più ad arrivare nelle acque. Le grandi flotte di pescherecci industriali intercettavano la loro rotta ben più a sud. Le popolazioni di Contovello e di Santa Croce (rispettivamente duecentosettantanove e duecentosette metri sul livello del mare), due villaggi di pescatori arrampicati sulle pareti del Carso, si ritrovarono private di una delle principali fonti di sostentamento. Assieme al quartiere Bàrcola i due paesi avevano dominato per secoli l'attività della pesca nel territorio di Trieste. La mattanza dei tonni era organizzata perfettamente. Quando il mare è calmo, i banchi di tonni nuotano appena sotto la superficie dell'acqua, agitandola con le pinne laterali e dorsali; perciò era possibile riconoscerli sin da lontano dai luoghi di appostamento abbarbicati sulla costa scoscesa. Quando un banco si avvicinava, il grido Abauta informava gli uomini della "tonera", un'aerodinamica barca a remi. I pescatori dovevano vogare in fretta: l'equipaggio, formato da un minimo di otto a un massimo di dodici persone, funzionava come un orologio svizzero. In men che non si dica erigevano un muro con una lunghissima e profonda rete, tagliando la strada ai tonni. Premando risuonava l'ordine dalla terraferma, che significava virare di novanta gradi a destra. Una volta superato il banco, al grido Stegando seguiva una seconda virata ad angolo retto, fino a che Voh e Za, za ordinavano di chiudere la rete in direzione della sponda con tutte le forze. Le grida si sentivano fin dai villaggi e chi poteva si affrettava a correre al mare, dove, mentre le forze dei pescatori si andavano affievolendo, la rete carica di pesci veniva trascinata lentamente a riva – salvo che prima non risuonasse un Torba: in questo caso le reti erano vuote e i tonni fuggiti.

Gli uomini indossavano pantaloni corti e cappelli neri. Le vecchie foto li ritraggono sorridenti davanti a ricche pescate mentre indicano liste con quantità, dimensioni e peso delle prede. In spiaggia si svuotavano le reti e si tagliavano a pezzi i pesci. Le donne riempivano ceste intere e le portavano sulla testa fin su in paese salendo per ripidi gradini – dentro c'erano anche le teste e le lische che servivano per preparare il brodo di pesce. Le interiora invece venivano gettate in mare. Un ciclo perfetto che permetteva ad altri pesci e granchi di nutrirsi e faceva sì che il mare rendesse sempre abbondantemente.

I capitoli 16 e 17 di un decreto del 1758 furono redatti espressamente per i pescatori di Santa Croce. A chiunque denunciasse violazioni della norma che consentiva di offrire l'intera pesca solo al mercato ittico triestino venne «promessa come ricompensa un terzo della penale in denaro o pesce, ovvero la possibilità di acquistare altra merce a prezzi più bassi. Garantito il massimo riserbo sul nome dei delatori» {15}.



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